Assegnazione e revoca della casa familiare

Secondo il prevalente indirizzo della Cassazione, è necessario affermare la continuità dell’assegnazione della casa coniugale alla madre collocataria, nonostante l’abitazione sia di proprietà di terzi, in particolare dei suoceri che talora ne chiedono la restituzione, dopo la rottura del matrimonio del figlio con la nuora.

La motivazione dei Giudici di legittimità è la seguente: prevale l’interesse dei minori a mantenere l’habitat domestico di sempre, da intendersi come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare, piuttosto che riconoscere l’intangibilità della proprietà  privata. Considerato che l’assegnazione della casa familiare limita l’uso della proprietà privata da parte di chi ne è titolare.

Con una recentissima ordinanza n. 23501, pubblicata il 2 agosto 2023, la Cassazione – nonostante i nonni asserissero che il cattivo stato dei rapporti provocherebbe ripercussioni e danni ai minori – ha altresì affermato che: la moglie separata e collocataria dei minori resta nella casa familiare nonostante le forti tensioni con gli ex suoceri che vivono nello stesso fabbricato. Ad avviso della Cassazione tali affermazioni avrebbero dovuto essere dimostrate con circostanze particolarmente dettagliate e ben individuate. Contrariamente, il riferimento dei resistenti alle tensioni e alle controversie con la nuora, che derivano dai cattivi rapporti di vicinato, nella fase di merito è rimasto privo di alcun riferimento a episodi specifici o elementi di prova, suscettibili di verifica, che ne dimostrino l’effettiva esistenza e gravità.

Invece, i Giudici della fase di merito hanno erroneamente accolto la domanda di revoca dell’assegnazione della casa familiare, nonostante la mancanza di alcuna prova a fondamento dei fatti da loro dedotti.

Coerentemente ai fondamentali principi processuali, la Cassazione ha richiamato la carenza di alcuna prova fornita dai reclamanti, per cui, giustamente, ha accolto alcuni motivi di ricorso della madre assegnataria ed ha cassato la sentenza con rinvio alla Corte di Appello Trento.

Secondo l’art. 2697 del codice civile, chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Principio che non può mai essere derogato da parte di chi avvia un procedimento giudiziario.

Avv. Simona Napolitani

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