Prestazioni lavorative tra coniugi

Accade spesso che le mogli sono coinvolte nell’attività del marito (a volte anche il contrario) e poi se il matrimonio termina, chi ha prestato il lavoro chiede la remunerazione non goduta durante la vita matrimoniale. Sul tema si è recentemente pronunciata la Corte di Cassazione, ed ha espresso il seguente principio: in tema di prestazioni lavorative rese in ambito familiare, la parte che fa valere in giudizio diritti derivanti da tali rapporti è tenuta ad una prova rigorosa degli elementi costitutivi della subordinazione e della onerosità. Paola propone ricorso contro Marco per ottenere il riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro, intercorso tra le parti ed il pagamento, in suo favore, delle retribuzioni non pagate.

La Suprema Corte rigetta il ricorso, a suo avviso, infatti, la sentenza impugnata rispetta l’orientamento in vigore sul punto, secondo cui tra persone legate da vincoli di parentela o affinità, opera una presunzione di gratuità della prestazione lavorativa, che trova la sua origine nella presunzione di gratuità del lavoro tra coniugi. Per superare tale presunzione è necessario fornire la prova rigorosa degli elementi tipici della subordinazione, tra i quali, soprattutto, l’assoggettamento al potere direttivo-organizzativo altrui e l’onerosità.

Nel caso di Paola, i Giudici hanno correttamente affermato che manca la prova del vincolo di subordinazione, mentre le risultanze istruttorie hanno dimostrato che l’attività della ricorrente si inseriva in un rapporto di collaborazione familiare.

Avv. Simona Napolitani

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