Quando i figli non vogliono incontrare il padre

E’ la storia di due fratelli, Carlo e Pietro, la cui esistenza è stata contrassegnata da un difficile clima familiare, dovuto ai comportamenti del padre, il quale ha più volte assunto condotte violente, nei confronti della moglie e dei figli.
I ragazzi sono pertanto cresciuti in un clima maltrattante, sino a che la signora si è rivolta all’Autorità Giudiziaria, sia per ottenere la pronuncia di separazione, sia per far dichiarare la decadenza della potestà genitoriale del marito.
Inizialmente, il Giudice minorile ha dato mandato ai Servizi Sociali, territorialmente competenti, di disporre visite protette per verificare l’andamento dei rapporti tra i due figli ed il padre, tenuto conto del manifesto e dichiarato rifiuto, da parte dei ragazzi, ad incontrare il genitore e ad intrattenere con lui un qualsiasi tipo di rapporto.
Dopo aver sentito tutti i componenti il nucleo familiare, aver disposto una consulenza psicologica sui figli ed avere letto le relazioni dei Servizi Sociali, l’Autorità Giudiziaria ha affermato che “ dalla valutazione dello psicologo è emerso un forte legame di attaccamento con la madre ed una grande sofferenza nei confronti del padre, manifestata attraverso sentimenti di rabbia;”, i ragazzi hanno inoltre ricordato gli episodi di violenza del padre verso la madre e verso loro stessi. Non solo, le visite protette sono state interrotte perché, in occasione dell’ultimo incontro, il padre “con un atteggiamento molto irato ha sbattuto i pugni contro l’auto della moglie al cui interno c’era anche il figlio e poi si è posizionato davanti all’automobile per non farli passare. Così spaventando molto il bambino, tanto da indurlo a rifiutare di proseguire negli incontri con il padre. “
Bene ragiona il Giudice minorile, allorquando, valutate tutte queste condotte e le reazioni dei figli, dichiara che il padre è totalmente assente dalla vita dei figli, sia sotto l’aspetto materiale, sia sotto l’aspetto morale.
Infatti, tutte le circostanze emerse nel corso dell’istruttoria dimostrano la tendenza del padre a prore in essere condotte violente verso la moglie ed i figli e l’assoluto disinteresse del genitore rispetto alla vita dei ragazzi, per le seguenti considerazioni: non contribuisce al mantenimento dei figli, è sparito dalla loro vita, avendo lasciato l’Italia senza più dare notizie di sé, violando in tal modo i doveri di mantenimento e di assistenza morale e di educazione che fanno capo a ciascun genitore, ha interrotto il percorso di sostegno alla genitorialità, finalizzato proprio al recupero di una sana relazione con i figli.
Si tratta di circostanze – ragiona la Corte – che rivelano una totale inidoneità a svolgere in modo positivo il ruolo genitoriale e che, valutate nel loro complesso, impongono il provvedimento di decadenza dalla potestà genitoriale.
E’ una felice soluzione ad un caso di violenza domestica, purtroppo esercitata non solo alla presenza dei figli, ma anche direttamente su Carlo e Pietro.
Non sempre le Istituzioni di riferimento (Giudici, Assistenti Sociali, Psicologi, Consulenti Tecnici) possono o sanno leggere la violenza nella sua giusta e corretta impostazione, o perché non hanno la formazione sufficiente o perché è difficile fare emergere la condotta maltrattante nella sua cruda verità, per cui, a volte, purtroppo, l’uomo violento resta senza condanna.
Per fortuna il caso riportato non rientra tra questi.

Simona Napolitani, avvocato in Roma, e.mail: simonanapolitani@libero.it

Lascia un commento

X