Il danno per mancato riconoscimento

A seguito di una relazione tra persone non sposate può accadere che la donna aspetti un figlio.
La paternità non è cosa facile e non tutti si sentono pronti di fronte ad una scelta così importante e fonda-mentale per la vita di tutti noi, per cui alcuni uomini, venuti a conoscenza dell’evento, assumono una condotta contraria alle aspettative della futura madre e scompaiono dalla circolazione.
E’ il caso di Roberto, figlio nato da una relazione di una coppia non unita in matrimonio e non riconosciuto dal padre, il quale, venuto a conoscenza dell’imminente nascita del figlio, ha interrotto ogni rapporto con la madre del nascituro, rifiutandosi anche di provvedere al suo mantenimento. La donna, in condizioni di precarietà economica, ha voluto portare avanti la gravidanza, ma ha condotto, insieme al bambino, un’esistenza di stenti e privazioni.
Il figlio, all’età di quarant’anni, ha agito in giudizio per ottenere l’accertamento della paternità, oltre che il risarcimento del danno, per non aver avuto alcuna assistenza né materiale, né morale, da parte del genitore.
Ha chiesto, cioè, all’Autorità Giudiziaria di accertare la responsabilità dell’uomo per essere venuto meno agli obblighi di mantenimento, di istruzione e di educazione su di lui gravanti.
I Giudici hanno dato risposta positiva, ed infatti, pur non sussistendo alcun obbligo giuridico di riconoscere il figlio nato fuori dal matrimonio, trattandosi di un atto discrezionale e volontario, è, di contro, un obbligo giuridico per i genitori quello di mantenere, educare ed istruire i propri figli, obbligo che sussiste sin dalla nascita, per il fatto stesso della procreazione.
Tali principi sono stabiliti dalla nostra Costituzione e dal nostro Codice Civile.
Non vi è dubbio, infatti, che la latitanza di un genitore – che non abbia provveduto al suo obblighi durante la crescita del figlio – è causa di gravi ricadute sul figlio stesso, sia di carattere patrimoniale, sia di carattere morale e, comunque, di opportunità di vita.
Ormai, e per fortuna, il principio della responsabilità civile, extra contrattuale, viene applicato ai rapporti familiari, consentendo così il ristoro dei pregiudizi derivanti da fatto illecito endofamiliare.
Ed infatti, la giurisprudenza ritiene che i doveri familiari, in special modo quelli genitoriali, ricevano ampia copertura costituzionale; conseguentemente, ogni condotta del genitore che abbia leso un diritto costituzionalmente protetto del figlio, deve essere condannato al ristoro dei danni causati, ossia ad un risarcimento di natura economica. Al fine di ottenere la condanna, occorre la consapevole e volontaria violazione dei suindicati doveri, ossia la sussistenza, in capo al genitore inadempiente, dell’elemento soggettivo del dolo.
Considerata la funzione riparatoria del risarcimento del danno, sarà, poi, necessario allegare e provare i pregiudizi derivanti dalla lesione dei diritti inviolabili della persona (decoro, salute, integrità psico-fisica, libertà) che incidono, in particolare, sullo sviluppo della personalità della prole e della loro sfera esistenziale.
E’, a mio avviso, una nuova frontiera del diritto, spero in un suo sempre più nutrito sviluppo: la sua importanza è nel porre al centro dell’interesse la persona in quanto tale, entità purtroppo a lungo ignorata e calpestata.
Avv. Simona Napolitani

avvocatonapolitani@gmail.com

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