Uguaglianza tra coniugi e marito dispotico

Un singolare caso che sancisce l’uguaglianza tra coniugi

uguaglianza tra coniugiParliamo di un ricorso per separazione, presentato dalla moglie, con richiesta di addebito al marito, agricoltore della pianura padana, responsabile di una gestione dispotica. Questo comportava con un’assoluta sottomissione della donna, alla quale non restava altro che una cieca obbedienza.

Il Tribunale rigetta la richiesta di addebito, lo stesso fa la Corte di Appello, con una motivazione che lascia a dir poco perplessi. La gravità del comportamento del marito va inquadrato nell’ambito di quel potere semiassoluto, noto nelle campagne padane e implicitamente accettato in famiglia. Viene lasciata ogni decisione e arbitrio al padre, riconosciuto dominus della gestione familiare, tant’è che la moglie per anni aveva accettato tali modalità relazionali. I principi di uguaglianza tra coniugi, sia morale che giuridica trovano deroghe in virtù della cultura tipica di alcune aree sociali.

Il ricorso per Cassazione della moglie si basa sul seguente ragionamento. La motivazione del Giudice di Appello è in contrasto con le norme del codice civile che impongono ai coniugi l’obbligo reciproco di collaborazione e di concorde determinazione dell’indirizzo della vita familiare, con la conseguenza che se i coniugi esercitano congiuntamente un’attività economica per trarne mezzi di sostentamento per la famiglia, essi devono tendere ad un riconoscimento paritario dell’altro, senza che l’uno possa pretendere di gestirla ad esclusione del partner.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della moglie sulla base di due articoli. L’art. 3 della Costituzione che sancisce l’uguaglianza tra i coniugi, morale e giuridica. L’art. 29, secondo cui il criterio della regolazione dei rapporti coniugali deve essere basato sulla ricerca dell’accordo dei coniugi nella conduzione della vita familiare.

In tale quadro di riferimento ai valori costituzionali, fondamentali e determinanti nel diritto di famiglia, non è possibile giustificare uno scostamento da tali principi, basato sulla rilevanza, in alcune aree sociali, dell’autorità del marito nelle società patriarcali.

Molto interessante l’analisi sociale e culturale, alla base di tale decisione, che va riferita al rapporto tra gli interessi della famiglia, in quanto tale, e l’interesse dei singoli componenti.

Secondo l’antica concezione istituzionale della famiglia, caratterizzata dalla presenza del padre-marito-capo famiglia, il matrimonio comportava, soprattutto per la moglie, il sacrificio di alcuni diritti individuali, quali ad esempio, il diritto sul proprio corpo ovvero il diritto alla riservatezza; la famiglia veniva intesa quale gruppo titolare di interessi superiori che giustificava il sacrificio degli interessi dei singoli.

L’importanza dell’uguaglianza tra coniugi

Oggi la famiglia, secondo un’importante sentenza della Suprema Corte dell’anno 2005, non si configura più quale luogo di compressione di diritti e libertà irrinunciabili, ma come sede di autorealizzazione e di crescita, segnata dal reciproco rispetto ed immune da ogni distinzione di ruoli, nell’ambito della quale i singoli componenti conservano le loro essenziali connotazioni e ricevono riconoscimento e tutela, prima ancora che come coniugi, come persone.

Occorre, quindi, garantire un costante equilibrio tra esigenze individuali ed esigenze della famiglia. Sulla base delle attuali norme del diritto di famiglia si può affermare che l’appartenenza ad un determinato nucleo non comporta un sacrificio degli interessi individuali. Questo purché il loro esercizio non si ponga in contrasto con le esigenze del nucleo familiare e, dunque, con i doveri di solidarietà da esso derivanti, ovvero con gli interessi degli altri componenti che rivestono pari dignità costituzionale.

Un difficile equilibrio tra l’esercizio delle libertà fondamentali ed i doveri derivanti dall’appartenenza ad un nucleo familiare.

Occorre, per risolvere tale contrapposizione, verificare ed aver riguardo alla natura e alla rilevanza di ciascun interesse relativo al caso concreto, rappresentato dal nucleo indisponibile dei diritti della persona, quali il diritto al decoro, alla dignità, al rispetto e alla libertà di manifestare il proprio pensiero.

Una difficile sfida per le famiglie e per i suoi singoli componenti.

Se ti riconosci in questa situazione contattaci per una consulenza dedicata.

Avv. Simona Napolitani
presidente Codice Donna

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